Ieri in tv, un servizio delle “Iene” ha denunciato lo scandalo delle casette per i terremotati nelle Marche: pannelli bagnati e marci già prima di essere montati, quindi verniciati per la consegna ai cittadini da due anni in attesa di una sistemazione abitativa, dopo aver perso la propria casa per il sisma. E ancora, condizioni contrattuali e pagamenti dei lavoratori che si sono occupati del montaggio delle casette quantomeno ambigue, come d’altra parte anche quelle che hanno determinato l’aggiudicamento della gara indetta per le ditte che le hanno costruite.
Il risultato – comunque, purtroppo e ancora una volta – è sotto gli occhi di tutti: i cittadini sono costretti a pagare, a sopportare l’ennesimo disagio a causa dell’incompetenza o disonestà altrui. Non mi piace chi dice “io l’avevo detto”, eppure…”io l’avevo detto” e l’avevo scritto. Anche nel mio libro “Con i piedi per terra”, pubblicato questa estate.
“Non c’è futuro che non inizi con un solido presente, e il presente è disperante. A distanza di un anno (dati del 2017, ndr) dalle prime scosse del 24 agosto 2016 nelle quattro regioni colpite dal sisma erano stati consegnate poco più di 800 moduli abitativi, contro i 3700 richiesti. Nelle Marche 42 su 1800!
C’è tanta amarezza per aver visto le scene di Arquata del Tronto, e non solo. Quasi un anno dopo le prime scosse, è servita una lotteria per scegliere i cittadini “fortunati” cui assegnare le prime pseudo-abitazioni. Sì, dico pseudo abitazioni, perché si tratta di poco più che container. Senza servizi attorno. La desolazione per un intervento del governo così tardivo, approssimativo, umiliante, lascia ferite ancora più profonde di quelle prodotte dal terremoto. Ferite che ormai non fanno più notizia sui media, tranne qualche filmato emotivo di routine. Ancora più disinteressati sembrano i Palazzi.
Ancora più triste lo spettacolo delle settimane che hanno preceduto il voto di marzo. Era prevedibile una strumentalizzazione della tragedia. Ci aveva provato con spudoratezza qualche mese fa persino Matteo Renzi, con le sue “magliette gialle”: i volontari del Pd inviati nelle zone terremotate, come se all’epoca del terremoto Renzi non fosse stato saldamente insediato a Palazzo Chigi col pieno potere di utilizzare molto più della generosità militante delle sue “magliette gialle”. Di certo la forza delle cose (e delle macerie) si è imposta sull’improvvisato storytelling dell’ineffabile Matteo (e parlo di Renzi).
Difficile ribaltare la realtà, quando gronda ancora tanto dolore e abbandono. Anche nelle zone del sisma è prevalsa la protesta anti-casta e anti-politica e qui è stato più comprensibile, forse, che altrove. C’è stato un partito che ha governato il Paese e che governa ancora tutte le Regioni coinvolte nel terremoto. Inevitabile che fosse cancellato dal voto dei terremotati. Se l’emergenza fosse stata affrontata – e così non è stato, come purtroppo testimoniano le tristi vicende delle casette – potremmo dedicarci al futuro, fatto di ricostruzione, sensata; e di prevenzione, dovuta“.
Il fallimento del Pd lo hanno decretato gli elettori nelle elezioni di marzo. Sarebbe un bel gesto se il governatore delle Marche, Luca Ceriscioli (Pd) riconoscesse il fallimento suo personale e della sua Giunta e liberasse il nostro territorio dalla sua dannosa incompetenza.