Torno a parlare della manifestazione di Torino a sostegno della Tav. Fra tanti partecipanti c’ero anche io, un sindaco “appenninico” a partecipare a una iniziativa a favore di una infrastruttura che “buca” le Alpi. Qualcuno ci ha anche fatto dell’ironia. Eppure è proprio l’Appennino la spina dorsale dell’Italia, il tratto comune che dalla Liguria alla Calabria collega come una cerniera la pianura padana alla Sicilia, con l’unica interruzione, quasi uno strappo, dello Stretto di Messina.
Quello che aiuta il Paese aiuta per forza la sua spina dorsale.
Quindi rivendico con orgoglio il sostegno alla campagna “sì Tav”: almeno per due motivi; innanzitutto perché credo all’unità della Nazione e le grandi opere infrastrutturali qualificano il Paese intero; e poi perché sono un convinto autonomista e le infrastrutture di interesse nazionale devono servire i territori e le comunità.
Per il futuro dell’Italia e per la sua integrazione con il sistema dei trasporti europei, la Tav, così come la Pedemontana, è un’opera fondamentale. Nulla deve ostacolare il potenziamento delle infrastrutture, sono indispensabili per la competitività delle nostre imprese. Di tutte le imprese, del Nord, del Centro e del Sud.
Con buona pace di chi invoca la fantomatica analisi costi-benefici. Ne ho scritto sull’Huffigton Post: “Mi sento di dire che un esperto vale l’altro. Ripeterei come NIcola Porro: “Caro professor Conte prenda la decisione “politica” che crede, ma non ce la spacci per scientifica come fecero i suoi predecessori”. Ecco, si tratta di politica. C’è bisogno di politica che scommetta sullo sviluppo del Paese e non sulla sua, ahimé certificata, recessione. Negli anni Cinquanta quale fu – quale sarebbe stata – l’analisi costi-benefici per il progetto dell’Autostrada del Sole?”
Ci vuole politica per disegnare il futuro del Paese.