Ma nel Cara non tutti avevano diritto all’asilo

Ieri mattina, l’esercito, dopo un preavviso di 48 ore, ha fatto irruzione al Cara (Centro di Accoglienza per Richiedenti Asilo) di Castelnuovo di Porto, per avviare lo sgombero della struttura. Pietro Del Soldà mi ha invitato a commentare la notizia su Radio Tre, durante la trasmissione “Tutta la città ne parla“.

Il Cara di Castelnuovo è il secondo centro di accoglienza più grande d’Italia, dopo quello di Mineo, e si offre come emblema delle conseguenze in cui ci si inciampa dopo anni di cattiva politiche in tema di migrazioni.
Nato come Deposito della Protezione Civile, ospitava nei suoi spazi privi di alcuna condizione di sicurezza, oltre 500 immigrati.
L’edificio, infatti, era stato adibito a Centro di accoglienza nel momento in cui il numero degli sbarchi era tanto significativo da dover attivare una soluzione efficace in tempi ristretti. Si trattava dunque di una struttura emergenziale, rispetto alla quale sono sempre state presenti riserve ed il cui affitto sarebbe scaduto il prossimo 31 gennaio.
Si trattava dunque di un tragico “deposito di persone”, una soluzione che di “umano” aveva ben poco.

La comunità di Castelnuovo di Porto ha manifestato solidarietà rispetto all’episodio e, di fronte a un simile slancio, sento il dovere di rassicurare gli animi. Secondo le novità introdotte dal Decreto sicurezza, il titolare di protezione internazionale verranno ricollocati in centri minori e solo quanti non otterranno il riconoscimento del permesso di soggiorno per protezione speciale verranno inseriti nei Centri per il Rimpatrio.
L’episodio di Cara, come già detto, è l’inevitabile conseguenza di una problematica fino ad oggi sottovalutata e gestita irresponsabilmente.

I migranti economici non possono e non devono essere confusi con i rifugiati e con chi ha diritto di asilo.

Il mio auspicio è che di fronte a simili dibattiti si possa prendere la distanza da inutili e pericolosi sentimentalismi e ideologismi, e che si possano cominciare ad adottare politiche di accoglienza razionali che non dimentichino le capacità di integrazione di tutti noi: di chi arriva, ma anche di chi ospita.

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