“Storiacce“, è il programma di Radio 24 condotto da Raffaella Calandra che dà voce ai luoghi e protagonisti non sempre sotto i riflettori quotidiani. Non per forza storiacce nel senso comune del termine.
Ieri, domenica 10 gennaio, è andata in onda una puntata dedicata allo spopolamento delle aree rurali, quelle aree di piccoli comuni d’Italia che spesso contano meno di 5000 abitanti.
C’è chi li ha definiti “presidi di civiltà“. Rappresentano il mondo “antico d’Italia”, testimoniano il legame con il territorio e le radici, raccontano storie di una vita che c’era ieri, ma rischia di non esserci più.
Nel corso dell’intervista condotta da Raffaella Calandra ho avuto modo di esporre temi che mi stanno a cuore, non da oggi.
Perché se il modo di vivere è cambiato e la tecnologia consente quasi ovunque forme di emancipazione dalla prigionia dei tradizionali luoghi di lavoro, qui non accade. Così come ha tardato ieri l’infrastruttura fisica nel raggiungere queste aree, allo stesso modo succede oggi con quella digitale.
E più e meno giovani, sono costretti a migrare, avviando un processo di spopolamento di quelle aree che in gran parte conservano le nostre radici. Sono le nostre radici. Come i territori sugli Appennini, che costituiscono la stessa spina dorsale del Paese.
Credo sia opportuno affrontare la questione tenendo a mente due questioni.
La prima: lo spopolamento di queste aree non può essere considerato un problema locale, è evidentemente un problema nazionale. Se si vogliono arginare – invertire in questo momento mi sembra inverosimile – i flussi migratori di questi centri è bene considerare che la tutela dei piccoli comuni è tutela del tessuto italiano, della nostra identità.
La seconda questione, occorre interrogarsi sul perché questi Centri abbiano perso attrattività. Si tratta sì di un problema di “taglia”, di connessioni e di posizionamento geografico. Ma, chi di noi andrebbe a vivere in un Centro dove non sono garantiti i servizi essenziali, la salute, la scuola, il buon governo e la buona gestione del territorio e la qualità della vita?
La possibilità di fruire servizi di qualità è un elemento decisivo e determinante più degli incentivi di tipo fiscale che in questo momento alcuni Comuni stanno concedendo tentando di invertire i flussi.
Insomma, occorre una strategia collettiva, non una serie di iniziative puntuali.
Lo spopolamento non può essere considerato problema solo di alcuni, perché le sue conseguenze interessano tutto il tessuto sociale del nostro Paese.