In “Paesaggio Costituzione cemento”, Salvatore Settis ha scritto: “Nel nostro Paese, i musei contengono solo una piccola minoranza dei beni culturali, che sono viceversa sparsi in chiese, palazzi, piazze, case, strade, ma anche nelle campagne lì intorno, per valli e colline: questa diffusione capillare fa il carattere speciale del patrimonio culturale italiano, e non essendo riproducibile ne assicura l’assoluta unicità.”
Dal 23 marzo, le storiche e prestigiose sale di Palazzo dei Capitani ad Ascoli Piceno testimoniano la secolare armonia di architettura e paesaggio marchigiano, offrendo un connubio di bellezza: “artificiale” e naturale.
Le opere di Tullio Pericoli – l’artista che con la sua produzione ha reso omaggio alla sua terra – testimoniano la volontà della città di raccontarsi dopo il terremoto del 2016: per oltre un anno, la mostra “Le forme del paesaggio”, offrirà l’occasione di riflettere sulle ferite del territorio, sulla culla lacerata della nostra cultura.
Curato da Claudio Cerritelli il percorso espositivo si snoda a ritroso nel tempo, raccontando alterazioni e mutazioni della natura non sempre reversibili, offrendo immagini di paesaggi che forse non si presenteranno più ai nostri occhi. Profili, tracce, solchi e dettagli della natura e del paesaggio marchigiano sono immortalati con stratificazione di immagini, acquerelli, chine e schizzi.
È dal passato più recente che ha inizio il percorso espositivo: le fratture della terra e i movimenti tellurici sono rappresentati con tutta la loro irruenza con forme e colori che restituiscono l’impotenza umana e la drammaticità dei momenti di disperazione.
La mostra è stata organizzata grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno ed è accompagnata da un catalogo edito da Edizioni Quodlibet, con testi di Silvia Ballestra, Claudio Cerritelli e Salvatore Settis. Un’altra occasione di umile orgoglio per chi come me, concludendo il suo mandato amministrativo, guarda ai segni di rinascita del territorio. Una rinascita che per essere vera, deve fare i conti con le radici, più vere e più profonde.