La notizia è della scorsa settimana e ne ho già scritto: una sentenza del TAR ha giudicato che il finanziamento pubblico per la ricostruzione post-terremoto si può cumulare all’indennizzo assicurativo derivante dalla sottoscrizione di polizze anti-sisma.
A cosa mi riferisco?
Le vicende sono tristemente note: nel 2009, con il terremoto de L’Aquila siamo stati bruscamente costretti a ricordare che la nostra terra è interessata da fenomeni sismici. Ero un sindaco neo eletto ma non per questo sprovveduto e, di fronte a quella manifestazione violenta e devastante di madre natura, decisi di stipulare una polizza assicurativa per tutelare i beni pubblici del Comune di Ascoli Piceno.
Sette anni più tardi, il violento terremoto di Amatrice-Norcia-Visso non risparmiò il nostro Comune, anzi, la scossa si fece sentire più di quella del sisma de L’Aquila del 2009. E i danni nella nostra Ascoli lasciarono segni anche sulle cose, oltre che sulle persone: il campanile della chiesa Madonna del Ponte di Porta Cartara, quello della Chiesa di Sant’Angelo Magno, la nostra Cattedrale, il Duomo.
Grazie alla previdenza amministrativa che ci indusse a stipulare una polizza anti-sisma, l’assicurazione risarcì il Comune di oltre 5 milioni di euro, dieci volte il premio pagato in quei sette anni di protezione.
Ma nel dicembre 2017 il Commissario di Governo decise con propria ordinanza di decurtare della somma ricevuta dall’assicurazione l’importo del finanziamento statale concesso dal Mef per la ricostruzione degli edifici pubblici del Comune.
Come a dire: il Comune paga l’assicurazione e lo Stato ne ottimizza i vantaggi. Un paradosso che lascia sconcertati.
La sentenza del Tar ci ha dato ragione e ha annullato gli atti del Commissario di Governo per la ricostruzione. Finanziamento pubblico e indennizzo assicurativo si possono – anzi si dovrebbero – sommare per migliorare l’azione amministrativa di un ente locale.
Ne ho scritto sull’Huffington post.